Ode all'imprevisto

Prequel
Maggio 2016.
Si dice che sia tornata dalla Cina a Gennaio.
Ma non è vero.

Se c’è una cosa che non imparerò mai è arrivare preparata alle cose.
Deve essere qualcosa ormai insito nelle cellule da non accorgermene oppure è una specie di dipendenza. Ecco, sono dipendente dall’impreparazione.
La mia storia con l’impreparazione è abbastanza lontana, contando l’età che avanza ahimè mi tocca collocarla proprio con quell’espressione che ho sempre sentito ma non ho mai pensato di usare un giorno e faceva più o meno così: ventanni fa.
Ero alle medie e pur essendo una brava studentessa non studiavo mai fino all’ultima pagina. Per principio, non volevo fare tutto ma proprio tutto quello che mi veniva richiesto. Non volevo sapere tutto. E puntualmente quando poi venivo interrogata proprio su quello che consapevolmente avevo saltato sfoggiavo la parlantina più rocambolesca della storia per far tornare tutto al giusto equilibrio e tornare a posto magari con un bell’ otto. E me la cavavo, forse perché “stavo attenta in classe e a casa facevo la metà del lavoro”. E così al liceo. E così all’università. Il massimo lo volevo solo sfiorare ma mai raggiungere. Questa attitudine ad ostacolare la preparazione perfetta l’ho poi applicata a tutti gli ambiti della mia vita. Senza nemmeno rendermene conto ho cliccato su “applica a tutto” ed eccomi ancora oggi trentaquattrenne imperfetta e impreparata. Again.
Questa storia dell’impreparazione mi farà diventare matta, lo so.
Quanta fatica in meno avrei fatto se avessi studiato quelle ultime due pagine che mancavano al posto di buttarmi in esperimenti linguistici che dovevano parere un minino logici e coerenti? Quanta energia risparmierei con la preparazione a discapito del dispendio che mi provoca l’impreparazione? Quali sorprese mi avrebbe regalato quel tipo se fossi arrivata più preparata all’amore? E quella volta che sono andata in Cina?
Il fatto è che non ho nessuna voglia di rinunciarci. Non ho nessuna voglia di sapere tutto fino in fondo. E nonostante la prevedibilità di quello che l’impreparazione mi provocherà, continuo imperterrita a celebrarla.
Sono su un aereo che mi sta portando in vacanza e mi farà tornare a Milano. Tra poco sarò in Andalusia e la prima giornata è passata con, nell’ordine: ritardo di tre ore del volo, tafferuglio tra passeggeri e equipaggio, caricabatterie del mio cellulare che si fulmina in una presa di corrente dell’ areoporto, 30 gradi all’ombra per tutto il giorno ma turbolenza al momento del decollo.
L’imprevisto non è altro che un momento impreparato e un po' mi assomiglia.

Anche io come lui non amo le previsioni del tempo. Per esempio.

L’imprevisto è come un’esibizione di flamenco. E’ il colpo di tosse del cantador, la molletta che si sfila dai capelli della ballerina, la goccia di sudore del musicista che suona feroce la chitarra. E’ il pavimento di legno del teatro che si rovina sotto il tacco di ferro. E’ il fuoriprogramma, è ciò che rende l’esperienza imperfetta. Quindi vera e reale.

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