#Giappone. Una settimana da sola nel sol (levante).

C'è stato un momento in cui ho rischiato.
Rischiato di vedere allontanarsi sempre di più una fase, un'esperienza,  una parte di me lasciata là in Asia, lontano dall'altra parte del mondo. Quindi sono tornata a riprendermela. Dopo un anno e mezzo. Ci sono tornata anche per scrivere una conclusione a quello che ho raccontato qui di tutta questa faccenda e che non ho mai avuto il coraggio di fare.
Questa è la storia di come sono tornata a riprendermi la fine di questa storia, senza guide, senza indicazioni ma seguendo solo hashtag su instagram e post su fb. 
La storia di come mi sono ritrovata in Giappone guidata solo da me e dai social network.

Ritrovarsi in Giappone senza una guida turistica non è stato difficile. Lo spirito d'avventura in Oriente è presto rassicurato dall'organizzazione e dall'efficienza giappo che mi sono provvidenzialmente venute in soccorso.
Lo stupore della prima volta, che era stato un climax di adrenalina e scoperta visto che partivo dalla Cina e dalla sua confusione, ha lasciato spazio a una sorta di aspettativa che in qualche modo ha rasentato fortunatamente la realtà. Per la mia testa e i miei bisogni sapevo che stavo per arrivare nel posto in cui le cose vanno come dovrebbero andare, dove si fa la fila, dove si fa scendere prima di salire, dove si aiutano le persone ad orientarsi dove i treni arrivano in orario e si fa quello che si dice, dove le cose sono abbastanza semplici da fare e portare a termine. Da turista straniera è un bel relax mentale, da giapponese forse no. Per la mia testa distratta e la mia attitudine iperattiva tutto questo ha di nuovo messo in circolo stimoli e linfa di cui mi sono nutrita secondo per secondo. Ed è subito stato un salto nel passato nel bello e nel brutto, nel buio e nella luce, un pò come qui.

Dall'atterraggio a Narita ho capito che il mio welcome party stava iniziando e non solo nella mia testa. Scendo dall'aereo con un cioccolatino in mano regalatami dal capo crew del volo Alitalia, arrivo al post office al quarto piano dell'Areoporto e ritiro in meno di tre minuti il mio pocket wi-fi e via connessa e felice sul treno espresso verso Tokyo, facendo attenzione a sedermi al posto giusto perchè pare che a una certa il treno si divida (si, si divida) e prenda due direzioni diverse.
La sensazione di casa non si è fatta attendere appena ho raggiunto l'appartamento di Teruko, la migliore host air bnb che io abbia mai conosciuto e in pochi minuti ero di nuovo in circolo, espansa e infinita come avevo quasi dimenticato di poter essere. In giro per Tokyo seguendo hashtag su instagram, facendomi ispirare dalle foto delle persone, scoprendo quartieri, strade, negozi, pezzi di vita locale e di città. E così passavo le mie ore a Tokyo facendo attenzione alla perfezione che si respirava all' esterno, per strada e negli incroci e a come improvvisamente e violentemente si sgretolava appena si varcava la porta di una sala giochi, di un bar col karaoke o di una tavola calda. 
Dalle allucinazioni di Tokyo sono poi passata a Kyoto dove ho dormito in una guesthouse scoperta per caso su fb guardando i post di un amico. 
E qui si apre un altro capitolo, breve, intenso, zen e feroce in cui sono rientrata in contatto col buio, con la luce, l'acqua e la terra.

Kyoto ha rimesso in discussione l'altro lato della medaglia, maggior isolamento, meno distrazione, poche persone intorno. Insomma un bello sbattimento per me, che avevo già registrato quelle sensazioni all'inizio della mia permanenza in Cina. Accompagnata dal tic tic dell'acqua del mio giardinetto zen e dal libro di Amelie Nothomb "Nè di Eva, nè di Adamo"  mi sono persa via nella pace completa e con un pò di fatica ho rimesso tutto in equilibrio.

Si, dicevo che sono tornata in Asia a riprendermi la fine di questa storia. 
Anche questo racconto iniziato qui un anno e mezzo fa  meritava un finale.
E la conclusione l'ho capita alla fine (giustappunto) quando seduta sulla mia valigia aspettavo di nuovo il treno espresso per Narita, stando attenta a sedermi nel posto giusto perchè pare che a una certa si divida (si, si divida)...

Il tabellone annunciava l'arrivo alle 9.39, il treno raggiunge la banchina e io guardo il mio cellulare : sono le 9.41 (penso). Ah, cari giappo vi ho colti in fallo. Allora i treni partono in ritardo anche qui! Salgo sul treno, lo schermo sul vagone dà le 9.39, le porte si chiudono e il treno parte.

Era il mio orologio avanti di due minuti, da un anno e mezzo. Ecco perchè.

Ora però l'ho tirato indietro.

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